Lettera pastorale
2016-2017
Vittorio Francesco Viola
Vescovo di Tortona
COMUNIONE
“Sogno una scelta missionaria,
capace di trasformare ogni cosa”
Papa Francesco, Evangelii gaudium, 27
Lettera pastorale
2016-2017
(ESTRATTO)
Carissimi,
è trascorso un anno e la misericordia del Signore ci concede ancora una volta di riunirci in assemblea per riprendere con slancio il nostro cammino: sono grato al Signore e a tutti voi per questo dono. La nuova lettera pastorale continua la riflessione della precedente e indica alcuni obiettivi che, con la grazia di Dio, speriamo di poter raggiungere.
Vogliamo realizzare il sogno di una scelta missionaria che esige una vera conversione pastorale (EG n. 27) per essere annunciatori gioiosi e credibili del Vangelo.
Se saremo centrati sul Signore, docili all’ascolto della sua Parola e alla grazia dei sacramenti, capaci di riconoscerlo nei poveri, ci verrà dato di poter sperimentare la gioia del Vangelo che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù (EG n. 1).
Vi benedico.
Tortona,
10 settembre 2016
+ Vittorio Francesco Viola
vescovo--
Abbiamo iniziato un cammino
E'sempre difficile fare valutazioni su ciò che viviamo mentre vi siamo immersi dentro: credo, tuttavia, di poter dire che nell’anno pastorale trascorso abbiamo camminato nella direzione indicata dalla lettera pastorale.
Non sempre siamo capaci di vederlo, a volte a motivo della tentazione ricorrente del lamento cronico, a volte perché, di fatto, rimane molta strada da fare.
20. Possiamo aver camminato con lentezza perché appesantiti dalla zavorra delle nostre chiusure di mente e di cuore, dei nostri giudizi che feriscono la comunione, delle nostre paure che spesso sono mancanze di fede; forse non in ogni ambito abbiamo camminato con lo stesso passo.
Tuttavia, ciò che più conta – anche più della strada percorsa – è non sbagliare direzione:
il Signore sta tornando, così come ci ha promesso, e se ci troverà in cammino verso di lui – poco importa a quale punto del cammino – sarà una gran festa.
21. Abbiamo fatto alcuni passi nella costruzione di una maggior unità dell’azione pastorale, sia individuando forme più stabili di corresponsabilità e comunione tra i presbiteri e tra le comunità, sia intensificando le relazioni all’interno dei vicariati, sia vivendo iniziative a livello diocesano.
22. Tra questi segnali positivi che ci incoraggiano guardo con fiducia a quelle esperienze nelle quali la comunione tra i presbiteri si esprime nella concretezza di una cura pastorale condivisa. Penso che la comunione tra i presbiteri sia una testimonianza che rende credibile l’annuncio evangelico, favorisce la qualità della vita spirituale dei presbiteri, migliora il servizio pastorale. Ricordiamoci che nella comunione le forze non si sommano ma si moltiplicano.
23. Sono anche in atto alcune fruttuose collaborazioni tra parrocchie. Dobbiamo insieme ripensare le nostre comunità, rendendoci disponibili al cambiamento e non solo dell’orario e del numero delle Messe, che pure dovrà essere oggetto di una seria e serena revisione. Dobbiamo progettare insieme iniziative comuni che ci permettano di offrire valide proposte per la catechesi, per le famiglie e per i giovani. Là dove ci siamo mossi in questa direzione ne possiamo già apprezzare i frutti.
24. È evidente che questa proposta pastorale potrà essere realizzata solo con una significativa partecipazione dei fedeli laici, chiamati a passare da collaboratori a corresponsabili. Non mancano laici preparati e disponibili: dobbiamo, tuttavia, continuare ad investire nella formazione perché il nostro impegno di battezzati passi da una pur lodevole prestazione di volontariato ad un vero servizio ecclesiale.
25. La motivazione di queste scelte non è solo la mancanza di presbiteri. Non si tratta di serrare i ranghi per cercare di conservare in qualche modo l’esistente, dovendo fare di necessità virtù, ma di vivere quella comunione che è la Chiesa stessa e che la Parola del Signore indicava come la prima forma di evangelizzazione. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35).
26. Comprendo la fatica del cambiamento, ma stiamo attenti a non farci paralizzare dalle catene dei campanilismi anacronistici e per nulla ecclesiali, del “si è sempre fatto così” o, ancor peggio, del “vedrai che non funziona”.
27. Gli obiettivi che ci siamo dati lo scorso anno restano tali, a cominciare dal costruire insieme l’unità dell’azione pastorale a diversi livelli. Non si tratta semplicemente di riorganizzare le attività delle nostre parrocchie in un accorpamento forzoso: l’obiettivo è più alto. Vorremmo poter realizzare un progetto pastorale comune, capace di ripensare i diversi ambiti della pastorale, secondo le peculiarità di territori omogenei, in chiave missionaria.
28. Il XVIII Sinodo (1993) della nostra Chiesa tortonese – anticipando una riflessione che solo più tardi sarebbe diventata comune ad altre diocesi – aveva individuato nelle unità pastorali la risposta agli interrogativi posti da una lucida analisi della situazione. Condivido le affermazioni del Sinodo che, a distanza di anni, si possono arricchire della riflessione e dell’esperienza che la Chiesa in Italia ha messo in campo.
29. In quest’anno pastorale vorrei riprendere la prima parte delle indicazioni pastorali del testo del Sinodo (nn. 9-20) al fine di rilanciarne il contenuto, aggiornandone – anche sull’esperienza di altre diocesi – la terminologia e la metodologia. Mentre non possiamo non dare risposte concrete e in tempi (possibilmente!) “umani”, non dobbiamo sottrarci a questa riflessione dalla quale la nostra azione pastorale trarrà un grande vantaggio.
30. Le priorità che avevo indicato lo scorso anno restano tali: la pastorale giovanile e familiare (in particolare delle giovani coppie) e la pastorale vocazionale devono essere ambiti significativi del nostro impegno, di tutti, e non solo di chi se ne occupa in modo specifico.
31. Continua anche il lavoro degli altri uffici diocesani (Liturgia, Catechesi, Carità, Scuola, Missioni) che hanno corrisposto con alcune importanti iniziative agli obiettivi indicati; della Scuola Diocesana di Teologia, che ha visto un significativo incremento di studenti; dei nostri media (il giornale diocesano Il Popolo – che ha festeggiato i suoi 120 anni – la nostra Radio PNR e il sito diocesano) con il loro prezioso servizio di comunicazione per la comunione; dell’Ufficio dei beni culturali, con l’impegno non semplice di custodia del nostro vasto patrimonio e di gestione del Polo culturale; dell’Economato e dell’Ufficio Amministrativo, ambito nel quale apprezzo attenzione e competenza; dell’Istituto Paolo VI, che con i suoi 50 anni continua a tener viva la testimonianza di carità di Don Remotti; dell’Istituto Santa Chiara, la cui opera educativa svolge una preziosa funzione sociale per il nostro territorio. Le fatiche, lo sappiamo, non mancano, ma vediamo anche tanto, tanto bene.
32. Rispetto a quanto ci eravamo proposti, non siamo riusciti ad attivare l’Ufficio tecnico diocesano pensato con una funzione di supporto, verifica e controllo: ci impegniamo in tempi brevi a dar seguito alla riflessione che abbiamo iniziato.
Sine dominico non possumus Radicati nell’Eucaristia
Tra le questioni che emergono nel ridefinire il nostro assetto pastorale, ritorna spesso quella della Messa domenicale. Su questo argomento, di fondamentale importanza per la vita della Chiesa, vorrei dire una parola chiara.
34. Da sempre il cuore della Chiesa ha custodito intatto il mistero dell’ultima cena. Per la comunità cristiana fare memoria di quell’evento è stato ed è un gesto di obbedienza all’esplicito comando di Gesù: fate questo in memoria di me (Lc 22,19). Così sarà fino al giorno del ritorno del Signore.
35. Di quella cena, ultima perché unica e irripetibile, nulla è andato perduto, tutto è vivo.
41. In altre parole: la narrazione dell’ultima cena è fatta sulla base della struttura rituale della celebrazione eucaristica della comunità apostolica. Per questa ragione, tale celebrazione non è solo memoria dell’evento ultima cena, ma è anche memoria dei conviti post-pasquali che il Risorto prepara per i suoi riproponendo il gesto dello spezzare il pane (come ad Emmaus, Lc 24,13-35; come sul lago di Galilea Gv 21,1-14).
42. Per questi e molti altri motivi, la celebrazione dell’Eucaristia è al centro della vita della Chiesa, senza l’Eucaristia nel giorno del Signore non possiamo far nulla, non possiamo essere. Sine dominico non possumus.
43. Il dominicum è il celebrare la Pasqua domenicale, comprendendo in questa espressione le realtà del sacrificio dell’Agnello, della mensa del Signore, del sacramento del suo corpo, del giorno che è memoria settimanale della sua risurrezione.
44. Tra i motivi che rendono insostituibile la celebrazione eucaristica domenicale voglio sottolineare la forza della seconda epiclesi (epi-kaleo = chiamare sopra) della preghiera eucaristica. Ogni preghiera eucaristica con la prima epiclesi invoca lo Spirito sul pane e sul vino perché diventino il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. Ma la pienezza del dono dello stesso Spirito è invocato anche su di noi che ci nutriamo del Corpo e Sangue del Figlio, perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito, facendo di noi un sacrificio perenne gradito al Padre (cfr. Preghiera eucaristica III).
45. Nel tempo della Chiesa la presenza del Risorto è garantita dallo Spirito Santo. È lo Spirito che riempie i simboli dei sacramenti della reale presenza del Signore, delle sue parole e dei suoi gesti.
46. Abbiamo bisogno per vivere e per essere Chiesa del dono dello Spirito che il sacerdote invoca sull’assemblea: la stessa potenza che trasforma il pane nel Corpo di Cristo viene invocata su tutti noi perché trasformi anche noi, sempre più, nel suo Corpo che è la Chiesa. Non c’è nulla nella Chiesa che possa eguagliare il dono della celebrazione eucaristica domenicale. Nulla.
47. Penso che dobbiamo sgombrare il campo da un equivoco di fondo: la domenica prima di essere un dovere è un dono.
48. Leggiamo nella nota pastorale della CEI Il giorno del Signore (15/07/1984): «Se la domenica è detta giustamente “giorno del Signore” (dies Domini), ciò non è innanzitutto perché essa è il giorno che l’uomo dedica al culto del suo Signore, ma perché essa è il dono prezioso che Dio fa al suo popolo: “Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo” (Sal 117,24)».
49. Il testo della nota pastorale, che a distanza di anni conserva tutta la sua attualità, descrive la ricchezza del “giorno del Signore” come giorno della Chiesa, dell’Eucaristia, della missione, della carità, della festa.
50. È la bellezza e la pienezza del senso della Messa festiva che occorre mettere al centro delle nostre proposte pastorali, a partire da una seria verifica di come la comunità cristiana vive il giorno del Signore.
51. Già il XVIII Sinodo diocesano offriva precise indicazioni: «La Messa domenicale e festiva, qualora non risultasse possibile in ciascuna piccola parrocchia, la si dovrà celebrare in alcune località centrali con invito esteso alle persone che dalle comunità circostanti siano in grado di muoversi, promuovendo all’occorrenza un servizio di trasporto » (n. 14). Tale considerazione si inserisce nel quadro generale di una riorganizzazione del territorio in unità pastorali che il Sinodo auspicava e che vogliamo realizzare.
Condivido e ribadisco questo orientamento. L’importanza della celebrazione eucaristica domenicale lo impone.
52. La possibilità di una celebrazione della Parola nel giorno del Signore è raccomandata vivamente solo nel caso in cui la partecipazione alla celebrazione eucaristica sia impossibile (cfr. CIC can. 1248 §2), sempre considerando tali celebrazioni domenicali del tutto straordinarie ed evitando con cura ogni forma di confusione tra questo tipo di riunioni e la celebrazione eucaristica (Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Redemptionis sacramentum, 25/03/2004, nn.164-165).
53. Nonostante il calo del numero di presbiteri e la vastità del nostro territorio, ritengo che non ci siano situazioni nelle quali sia impossibile partecipare alla celebrazione eucaristica domenicale, a meno che non si vogliano considerare impossibili quegli spostamenti che normalmente facciamo per qualunque altra necessità. E se questo è vero per le nostre valli, tanto più per le nostre città dove spesso il numero delle Messe più che creare comunione frammenta le comunità.
54. Se vi sono difficoltà seriamente oggettive – penso, ad esempio, agli anziani – andranno affrontate con una crescita nella comunione fraterna che ci fa solleciti nel servizio verso chi è più debole. Rendersi disponibili ad un aiuto concreto perché si possa partecipare insieme alla Messa domenicale rende più vera la nostra celebrazione.
55. Con ciò non si tratta di chiudere le chiese che la fede dei nostri Padri hanno edificato, o di favorirne solo alcune a discapito di altre. Fermo restando che criterio fondamentale è, evidentemente, l’esistenza di una comunità, è possibile favorire il radunarsi in assemblea in una ragionevole alternanza dei luoghi. Tuttavia, ogni luogo di culto va custodito, favorendone l’uso per l’ascolto della Parola, per la preghiera comunitaria, per l’adorazione del SS. Sacramento, per la preghiera personale. Particolare attenzione dovrà essere data nelle occasioni significative per i singoli luoghi, come, ad esempio, le feste patronali. In questo i laici sono chiamati ad assumere – come già avviene in tante realtà – la responsabilità di un servizio attivo. Ma di domenica partecipiamo alla Messa perché senza la Messa non possiamo vivere.
56. È chiaro che più cercheremo di costruire la comunione nelle unità pastorali, fino a viverle come comunità pastorali, più sentiremo il bisogno di incontrarci insieme nel giorno del Signore attorno allo stesso altare. Questo renderà più vero il nostro celebrare.
57. A motivo di quanto sopra esposto, ritengo che debba essere abbandonata la prassi delle celebrazioni domenicali della Parola per impegnarci a vivere la grazia della celebrazione eucaristica, crescendo nella comunione, forti dell’azione che lo Spirito Santo opera in noi come nel pane. Non facciamoci vincere da campanilismi o rivalità che non hanno senso di esistere: la posta in gioco è più alta, senza la celebrazione eucaristica non possiamo essere.
58. Il territorio della nostra diocesi è complesso e le singole zone hanno caratteristiche peculiari che vanno considerate. Là dove è stato possibile, ci siamo già mossi in questa direzione, sospendendo la celebrazione della Parola per favorire la partecipazione alla Messa, anche programmando una alternanza di luoghi. Dobbiamo muoverci in questa direzione accompagnando le comunità con la comprensione delle motivazioni che ho esposto e che devono essere approfondite.
59. Per il raggiungimento di questi obiettivi confido molto nel ruolo dei diaconi, chiamati a ripensare il loro ministero. Anzitutto sento di ringraziarli a motivo del servizio generoso e fedele che hanno svolto e continuano a svolgere. Inoltre ritengo che il ministero diaconale potrà esprimersi in molte altre dimensioni che gli appartengono. Come, ad esempio, nel favorire i rapporti tra le comunità creando concreti legami di comunione; nel guidare gruppi settimanali di ascolto della Parola, mettendo a frutto anche l’esperienza di questi anni; nell’accompagnare percorsi di catechesi in preparazione al battesimo, alla cresima degli adulti, al matrimonio; nel valutare e coordinare iniziative di carità.
60. Confido molto anche nell’aiuto dei laici che già vivono con intensità la loro vocazione battesimale. In particolare penso all’Azione Cattolica e ai Movimenti presenti nella nostra diocesi, insieme all’OFTAL, ai gruppi di catechisti e a quanti partecipano attivamente alla vita delle comunità parrocchiali. Il loro contributo è decisivo per il cammino della nostra Chiesa.
Conclusione
Una buona occasione per riflettere sulla centralità dell’Eucaristia ci viene offerta dal XXVI Congresso Eucaristico Nazionale celebrato a Genova dal 15 al 18 settembre 2016 sul tema: L’Eucaristia sorgente della missione: «Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro».
62. Non vogliamo dimenticare che anche questo importante appuntamento si colloca all’interno dell’Anno giubilare che ci invita sia come singoli sia come comunità ad aprirci al dono della misericordia. Nelle domeniche di quaresima, come pure in altre celebrazioni particolari, abbiamo vissuto la gioia di ritrovarci come pellegrini verso la Porta Santa della nostra chiesa cattedrale. Il Giubileo si chiuderà domenica 13 novembre 2016: approfittiamo degli appuntamenti ancora in programma per immergerci nella misericordia di Dio, sorgente inesauribile di ogni rinnovamento personale e comunitario.
63. Infine, un annuncio importante. Desidero iniziare nel tempo di Pasqua la visita pastorale. Leggiamo nel Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Apostolorum successores (22/02/2004) n. 220: «La visita pastorale è una delle forme, collaudate dall’esperienza dei secoli, con cui il Vescovo mantiene contatti personali con il clero e con gli altri membri del Popolo di Dio. È occasione per ravvivare le energie degli operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolarli, è anche l’occasione per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa. La visita gli consente inoltre di valutare l’efficienza delle strutture e degli strumenti destinati al servizio pastorale, rendendosi conto delle circostanze e difficoltà del lavoro di evangelizzazione, per poter determinare meglio le priorità e i mezzi della pastorale organica». La visita pastorale è un evento di grazia che fin da ora vogliamo custodire nella nostra preghiera. Verrà a breve istituita una commissione per definirne le modalità e il calendario.
64. Affido questa lettera pastorale alla vostra riflessione e alla vostra preghiera, sia personale sia comunitaria. Non perdiamo di vista l’obiettivo principale, che Papa Francesco continua a ricordarci: «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia» (Evangelii gaudium n. 27).
65. A volte penso: quando il Signore tornerà – perché è certo, tornerà – come vorrei essere trovato? Intento a fare che cosa? Con quali pensieri nella testa, con quali sentimenti nel cuore, con quali parole sulle labbra, con quali gesti nelle mani? Preferirei essere trovato ricco o povero? In pace con tutti o agitato con il mondo intero? Occupato nello spendere la mia vita per il Regno o preoccupato di come difenderla? Per la verità, non mi è così difficile rispondere a queste domande, e – come potete vedere – non così facile vivere le risposte. Io so come vorrei essere trovato. Penso anche che al suo ritorno sarebbe una gran cosa se, nella sua misericordia, mi concedesse il tempo per potergli dire: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene” (Gv 21,17).
Coraggio! Il Signore viene!
Vergine Immacolata, Madre della Chiesa, prega per noi.
Tortona, 8 settembre 2016
Natività della Beata Vergine Maria
+ Vittorio Francesco Viola
vescovo